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Mauro Scremin [30/09/2009]
"Lily! – esclama Steve al colmo dell’ammirazione – Hai un cervello degno di un demonio!". Tra i fratelli Dickart l’affiatamento è totale e il lettore malizioso verrebbe indotto a pensare che i due siano legati da qualcosa di morboso. "Bah! – risponde compiaciuta la bella Lily – Non sono la tua degna sorella?". La degna sorella è appunto l’artefice di uno dei più diabolici piani mai orditi ai danni di Tex Willer. Maestra nell’intrigo e nella manipolazione, dei due la peggiore è decisamente lei, è lei il genio del male. Come un serpente incantatore la satanica Lily si avvinghia alla vittima predestinata e infine colpisce fredda e spietata. “Roller! Amore mio!... Saremo tanto felici”, miagola la donna dissimulando da attrice consumata tutto il suo disprezzo per il tenentino innamorato. Sedotto senza pietà, il povero idiota si fa docile e inconsapevole strumento dell’orrenda macchinazione rendendosi protagonista di uno dei passaggi narrativi più belli e avvincenti della saga (alla Dumas, come qualcuno ha fatto giustamente notare). Tutto si compie in men che non si dica: il patetico soldatino fa la sua parte alla perfezione e infine si prepara a ricevere la giusta ricompensa. La donna gli getta le braccia al collo in uno slancio di riconoscenza. Ma dalla felicità al dramma il passo è breve. Caduta la maschera, la verità appare in tutta la sua crudezza. “Roller – sibila la bella Lily – ora che io e mio fratello siamo liberi... potete andare all’inferno”. E il povero Roller, ferito e disgustato di fronte a tale rivelazione, non può fare altro che invocare la maledizione divina sulle teste dei suoi carnefici prima di finire ammazzato.
Evidentemente il controspionaggio non ha portato fortuna a Tex. Un illusionista da baraccone e una Mata Hari da saloon l’hanno messo al tappeto! A che cosa sono servite le entusiastiche lodi ricevute da Marshall per il brillante successo nella faccenda dell’idolo d’oro, l’eroismo dimostrato sulle barricate di Santa Fé, le geniali manovre tattiche ideate a difesa di Forte Wellington? Niente è bastato a salvarlo da un’infamante accusa di tradimento. Il diabolico tranello dei fratelli Dickart ha precipitato il ranger nel baratro della vergogna e del disonore. Dagli altari alla polvere, privato della libertà, non ha più amici tranne Kit Carson, l’unico che creda ancora in lui, al quale, nella cella dove l’hanno rinchiuso, confessa tutta la sua disperazione. "Quello che più mi brucia - esclama - non è il fatto di dover morire impiccato. Ma l’idea che mi si sia creduto un traditore". Ma in nome dell’amicizia Carson lo aiuta ad evadere e in nome della stessa amicizia Tex promette di consegnargli i due criminali... "e all’inferno la legge".
Ed ecco che l’ex ranger ridiventa un reietto, un perseguitato, un fuggiasco. Nella latitanza trova comunque il tempo di mandare al capestro il losco banchiere Dunlop, di ammazzare in un colpo solo lo sceriffo di El Paso con i suoi scagnozzi, di darsi al contrabbando d’armi con i desperados messicani. In Messico entra in combutta con Montales, diventa terrorista e guerrigliero, scorrazza avanti e indietro indossando uno spettrale costume nero.
Finalmente, durante una delle sue scorribande, rintraccia coloro che sono stati la causa della sua rovina: Tex pregusta la vendetta, ma non una vendetta qualsiasi! Non gli basta catturare Mefisto e la sorella, vuole prendersi la soddisfazione di farli soffrire come lui ha sofferto.
Sul finale di questa vicenda aleggia un che di sinistro, Tex qui manifesta appieno il lato oscuro, tenebroso, del personaggio, diventa egli stesso un demone persecutore. "Es el diablo!", esclamano i messicani terrorizzati all’apparire del cavaliere nero che lancia urli terrificanti all’indirizzo di Mefisto. Tremenda messinscena quella di Tex che, come è noto fin dai tempi della Mano Rossa, ama ricorrere al terrorismo psicologico per fiaccare il morale degli avversari: "Voglio far sentire ai loro cuori induriti il morso gelido della paura – esclama feroce – e poi quando non saranno che due fantocci tremanti... li manderò incontro al loro destino!". E una volta catturati i due sventurati rincara la dose: "Io voglio... che essi non abbiano pace".
Ma Mefisto saprà trarre utili lezioni dai metodi del ranger e quando tornerà in seguito per vendicarsi risentiremo le stesse parole uscire dalla sua bocca: "Qui dentro – dirà un giorno a Tex – mi avete scavato un abisso di tormenti e di furore, e per riempirlo dovrò versarvi dentro a piene mani i vostri dolori e le vostre sofferenze!". Tra i due il conto rimarrà sempre in sospeso, la ferita non verrà mai rimarginata. Allorquando Tex, a distanza di parecchi anni, avrà nuovamente di fronte l’immagine del suo nemico, il ricordo delle sofferenze patite lo travolgerà a tal punto che, preso da un irrefrenabile impulso, scaricherà il fucile all’impazzata sull’evanescente ombra del mago e rimpiangerà di non aver fatto giustizia a suo tempo. Ma ormai è troppo tardi, l’inferno è alle porte...
(“Fuorilegge” e “L’eroe del Messico”, nn. 3-4)
Un grazie di cuore all’amico yampaflat per il suo indispensabile aiuto