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Francesco Bosco [02/11/2017]
Nelle personali dedicate a Tex, che di tanto in tanto troviamo in giro per il paese e in angoli della rete attraverso i siti specializzati, non è raro imbattersi in qualche pagina della sceneggiatura originale di Gianluigi Bonelli. Qualcuno dirà che sono sempre le solite, e questo è vero, e che è strano che dagli archivi di casa Bonelli non siano mai uscite quelle del primissimo periodo, cioè quelle della fine anni ’40 e di tutti gli anni ’50. Ebbene, cominciamo col dire che è probabile che le pagine della scrittura iniziale di Tex, intese come sceneggiatura vera e propria, potrebbero non essere nemmeno mai esistite, laddove G. L. Bonelli avesse generato un lavoro di narrazione attraverso un meccanismo simile ad un “plot”: cioè la stesura dell’intreccio della trama senza nessuna specifica indicazione di scene o azioni ai suoi disegnatori. Se infatti proviamo a vedere alcuni dei primi episodi di Tex, noteremo subito il balloon dei dialoghi insinuarsi impropriamente tra le figure dei personaggi che compaiono nelle vignette, come se il disegnatore non avesse indicazioni su come spartire gli spazi tra la scena disegnata e il parlato dei dialoghi. Altresì, analizzando i suddetti dialoghi, si osserva che in qualche caso essi invadono la vignetta successiva per mancanza di spazio nella propria.
Di sicuro il Tex di Galep e Bonelli è inizialmente improntato su una gabbia fissa di tre strisce composte sempre da tre vignette, salvo rarissime eccezioni (la prima striscia a due vignette è la n. 17 de “La Roccia Parlante”, pagina 19 del f.to gigante), dove in casi frequenti un pannello è occupato dalla didascalia. Per non farci ingannare aggiungo che chi non possiede le strisce, ma magari una ristampa Tre Stelle, dovrà fare i conti con il fatto che tutte le vignette di ogni fine episodio sono allungate per mano della redazione per coprire il pannello di presentazione dell’episodio successivo, elemento inutile per una pubblicazione come il gigante Tre Stelle che presenta continuativamente le storie. Ad esempio, la striscia finale dell’episodio El Diablo riporta originariamente due vignette più il pannello di presentazione dell’episodio successivo (Sul sentiero della morte). Quest’ultimo sparisce nella ristampa Tre Stelle dando vita a due vignette allungate per opportunità in redazione. È tra l’altro la stessa striscia da cui scompare il famoso “dannazzione!” (con due z) pronunciato da Tex.
Ad ogni modo, l’uso del “plot” non è insolito nel fumetto: in Italia è adottato da qualche autore nel genere sexy degli anni ’60/’70 ed è in voga per un certo periodo negli States sui supereroi. Per Tex non abbiamo la certezza, ma molti elementi portano a pensare che la sceneggiatura, come quella che si vedrà dagli anni ’60 in poi, non esistesse e che il plot di Bonelli fosse gestito direttamente da Galleppini e redazione. Prova ne è il fatto che Galep disegnò i primissimi episodi di Tex rifacendosi fedelmente al Rip Kirby di Raymond e che quindi non seguì un canovaccio di sceneggiatura preciso e dettagliato.
In verità, ancora nella prima metà degli anni ’60, quando la sceneggiatura texiana cominciò a mostrare un respiro più ampio, alcuni tecnicismi narrativi che riguardavano la divisione della striscia rimasero inalterati: osservando le tavole di Dramma al circo, ove si ha la sensazione di leggere una sceneggiatura simile a quelle del periodo post-striscia (La caccia, 1968) che, a mio avviso, potremmo definire come la “prima opera moderna e completa della saga”, si nota come essa derivi da un percorso di “taglio delle scene” cominciato con storie precedenti (vedi L’orda selvaggia o Dramma nella prateria) le quali riportavano i prodromi della sceneggiatura futura a 4-6 vignette per pagina. Sì, La banda dei Mormoni, più comunemente detta “Dramma al Circo”, ha infatti quasi assenti le strisce a 3 vignette (ne ho contate solo 3 tra gli albi 65 e 66 che, analizzate a dovere, non sono altro che il risultato di una forzatura redazionale) mentre se ne contano a bizzeffe “a disegno unico”. Quest’ultime sono una prerogativa del Tex a narrazione più “aperta” che si vedrà definitivamente dalla fine degli anni ’60 in poi.
Nel Tex primordiale non che mancassero le strisce a disegno unico, ma se ne faceva comunque un uso molto dosato: in “Duello a Lineville” (L’eroe del Messico, n. 4 del gigante) ne troviamo una a pagina 30 e, facendo un bel salto in avanti, ne “l’Ultima carta di Tex” (Il tranello, n. 10) alla 13 e alla 19 ne troviamo addirittura due. Che dire… se la sceneggiatura de Il tranello fosse stata improntata sul metodo 4-6 strisce e non con all’epoca il canonico 7-9 avremmo ora a che fare con una storia tra le più lunghe della saga!
Da notare comunque che la striscia divisa in tre vignette non va mai del tutto in pensione: nel 1970 la famosa scena del fucile Henry, in cui Tex dà prova della sua abilità con l’arma di fronte al capitano Dark (Quando tuona il cannone, n. 114), ne è una testimonianza, laddove nella sequenza del lancio dei barattoli da parte di Damned Dick c’è una vignetta divisa in tre parti. Ancora nel 1978, ne La casa sul fiume (Tex n. 209) a pagina 55, vi è un’altra dimostrazione che la striscia divisa in tre parti ha sempre la sua valenza, allorquando GL la “rispolvera” per un’azione molto particolare fatta di coltelli e pistole. E anche nel Tex dei nostri giorni, almeno in quello di Boselli, Ruju e Faraci, vi è l’uso della striscia a tre vignette.
Ritornando a Dramma al circo, vorrei porre l’attenzione sul fatto che in alcuni episodi precedenti (penso a El Cisco, Tex gigante n. 64) la sceneggiatura è improntata sul vecchio sistema delle 7-8 vignette per pagina e questo non fa che porre una domanda: perché questo continuo alternarsi dei due modi di sceneggiare? La risposta non l’avremo mai, ma non è escluso che in presenza del disegnatore Francesco Gamba, colui che più si avvicendava a Galleppini nella realizzazione degli episodi e, tra l’altro, autore di El Cisco, si preferisse adottare un tipo di sceneggiatura diversa da quella che stava prendendo piede quando ai pennelli c’erano Galleppini, Muzzi e Nicolò. Che possa essere intervenuta la redazione al fine di dare un taglio più armonico al mix di vignette ritagliate dal Tex di Galep e quelle del buon Gamba? E dire che Gamba, nel realizzare il suo Piccolo Ranger, aveva una certa dimestichezza con la pagina a 4-6 vignette sceneggiata da Andrea Lavezzolo.
Bene, dopo questo excursus che ci ha paracadutati ancora una volta nel vecchio Tex, penso alle tavole di sceneggiatura del maestro Bonelli di cui abbiamo oggi testimonianza e a quel suo modo di prepararle con veloci schizzi a compendio. Sergio era uno che col disegno se la cavava bene, ma anche il vecchio Gianluigi non era male: suo il Carson in cima a questo articolo. È proprio quel Carson che ha ispirato questo mio piccolo viaggio nel mondo della sceneggiatura texiana… come dire: GL colpisce ancora!