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Francesco Bosco [01/12/2023]

Tex 757

Sono ormai anni, dai tempi di “Wolfman” e “La città nascosta”, che sul sito non appare più una recensione del sottoscritto sull’inedito della serie mensile di Tex, l’ultima è del 2017 e riguardava “Il ritorno di Lupe”. Il motivo è semplice: da quella storia con Lupe ho smesso di acquistare l’albo. Sia chiaro, non smetti di comperare Tex per uno specifico motivo, e non certo per il livello di qualità delle storie (storie che in un contesto come quello degli anni ’70, dove il lettore era molto più maturo e meno feticista di quello odierno, avrebbe avuto il medesimo sconquasso provocato da “Caccia all’uomo” con Andy Wilson) o dei disegni (qui il discorso sarebbe lungo e complesso, e dunque evitiamolo) che è ormai da moltissimi anni a questa parte più o meno sempre lo stesso, smetti di comperare Tex anche per motivi apparentemente trascurabili, come ad esempio la scelta di una linea editoriale che vede il personaggio sempre più coinvolto in un disturbante turbinio di insensate strategie di vendita che nulla hanno a che vedere col marketing tradizionale della gloriosa Editrice di Sergio Bonelli. No, non sono un nostalgico di quelli alla “aridatece Galep e Bonelli”, fatevi un giro se lo pensate, anche se potrei sbattervi in faccia “Il Totem Misterioso & company” che in tempi recenti ha venduto milioni di copie con CSAC, e non sono nemmeno colui che, in qualità di tradizionalista, si sente vittima sacrificale del nuovo rinascimento texiano, nonostante decenni di fedeltà mi abbiano visto sempre puntuale davanti alle edicole. È che mi girano le scatole quando una linea editoriale come quella attuale vede Tex e logo sfilare come un modello in abiti diversi su una passerella di moda. Ovvio, non c’è un codice che non consenta di adottare misure straordinarie in casi emergenza, ma io qui di emergenza, fino a che ho acquistato l’albo, non ne vedevo, se non quella che riguarda il fisiologico calo percentuale del 5% annuo di cui si parla da anni. 

In ogni caso, secondo lor signori, vi era oramai la necessità di metter mano al vecchio modello, di affiancargli nuove visualizzazioni, cercando così di accontentare il lettore dei nostri giorni, quello dei social che, oltre a misurare la lunghezza dei Winchester e comprare le varie versioni degli abiti della passerella, è capace di tenere in fila le statuine di Tex davanti ai volumi a tiratura limitata con disarmante nonchalance; e che vuoi non dar soddisfazione al misuratore dei Winchester? Lo schema è perfetto, efficace, e gioca sul fatto che la linea di demarcazione del lettore limited-statuinista risiede proprio nel fatto che egli arriverà a trascurare la sostanza per preferirgli la forma, ossia una stessa storia addobbata con due-tre cover diverse. 

E allora, come cita l’undicesimo comandamento, lascia perdere. 

Esiste altro modo che possa spiegare lo strano successo di questo Tex da passerella “sopra la stessa carne, abiti diversi”? Lascia perdere. Elaborazioni applicabili al lettore del mondo dei social, quello che è ad un abisso dal lettore degli anni ’70 che è avanti nella visione, esigentissimo nel richiamo dell’avventura, che mette a frutto la lettura di Tex per migliorare il suo tenore di vita, rispetto all’amante del Tex a dimensione razionale, storico e didattico, che noiosamente chiede di aver la vita dominata da forme nemiche antagoniste sempre più oscure e devastanti… insomma basta con le pistolette ad acqua del Galeppa e basta con gli esilaranti marziani del Bonelli! Puntiamo ai lati oscuri del personaggio… e fu così che il bacetto tra Lilith e il suo uomo divenne il vero motivo dell’esistenza su questa terra del lettore dei nostri giorni. Cavoli… bacetti e oscurantismo, le sfide quotidiane della vita che portano like a profusione. Lascia perdere.

Coraggio amici della tradizione, di cosa vi lamentate? Andrete in pensione, si coi bacetti di Lilith, ma con sempre accanto l’eroico ed insostituibile logo di Tex, quello non ve lo toglie nessuno. È che la rinascita del personaggio sta passando attraverso una strategia editoriale studiata a tavolino con piani di marketing pronti a conquistare i lettori internauti veicolando sul mercato, oltre a bacetti & variant cover, gadget, card, pupazzi, medaglie, targhette, t-shirt, francobolli, tazze, cassette, borracce, spille, portachiavi, eccetera. Questi i veri obiettivi di oggi, e non quelli di immaginare i momenti di imbarazzo quando ci mettono tra le mani un Tex come quello di “Una colt per Manuela Montoya”. 

Qualcosa di positivo? Certo… dopo sei anni di rapporto interrotto con il Tex dell’edicola, approccio di nuovo al Ranger in occasione di un ritorno, quello della Tigre Nera, di cui ricordo l’ultima apparizione nel 2009 con “L’artiglio della Tigre” e “Il castello nero”, storia scritta (bene) da Claudio Nizzi e disegnata (bene) da Andrea Venturi. Ritorno ad effetto, non c’è che dire, visualizzato in maniera magistrale da un primo paio di cover di Claudio Villa che davvero mi hanno riportato in edicola. In più, i disegni ancora di Andrea Venturi, uno, secondo me, dei pochissimi fuoriclasse rimasti alla SBE. La sceneggiatura di Mauro Boselli sembra essere di buona levatura, quindi, se ci trovassimo anche solo di fronte ad un evento estemporaneo, possiamo dire che le buone storie, le belle copertine e i bei disegni sono il marketing naturale che permetterebbe all’azienda di dormire sonni tranquilli, alla faccia della strategia che a getto continuo sforna chincaglieria di culto e edizioni Limited da ammirare in bella posa sulle mensole della libreria, e riscritture del personaggio ben accolte dallo statuinista il quale sembra non disdegnare nemmeno un certo tipo di gossip. 

… e nel fumetto d’avventura che cosa gli piace? Gli piace quella deliziosa sensazione di stupidità che ci prende tutti quando frequentiamo più o meno colpevolmente le forme basse della letteratura, quando leggiamo un giallo senza voler sapere chi è l’omicida, finché non arriviamo in fondo, quando semplicemente ci godiamo la ripetizione delle vicende di un eroe che sono sempre le stesse, che sono più formulari dell’epica francese, eppure ogni mese le seguiamo puntualmente, come voi sapete la schiera dei lettori di Tex rimane ancora fortissima in questo paese, anche a ivelli di una certa età (Eugenio Burgio)