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Mauro Scremin [04/12/2009]
Incredibile a dirsi: nel momento della più nera disperazione, Tex riceve da Mefisto le belle notizie. Il nostro eroe stava appunto contemplando con profonda commozione quella che per lui era la tomba di suo figlio e del suo migliore amico, quando in un alone luminoso gli appare il volto del suo nemico. “Per gli dei! – pensa tra sé – Sto certo sognando”. Ma il mago, dando un saggio della potenza mentale da lui raggiunta, dimostra di saper leggere nel pensiero dell’avversario e si fa beffe della sua incredulità. Alla fine, tra oscure minacce, gli rivela che Carson e Kit sono vivi e per Tex si spalancano le porte della speranza.
Da qui in avanti diviene sempre più chiaro che, al di là delle intenzioni del nostro eroe, non è con le pistole che si può aver ragione del mago: ormai è una lotta la cui posta in gioco è la sottomissione psicologica del nemico, ormai è vitale non lasciarsi soggiogare. E anche se un giorno cadrà nel baratro della follia, Mefisto nonostante tutto conserverà la lucida consapevolezza che con Tex e amici i suoi mostruosi trucchi non funzionano. “E’ gente – confesserà terrorizzato al suo amico Lafayette – che non teme né gli uomini né gli spiriti”. In effetti la mente del ranger è potente. E perfino il Tex dell’ultima avventura nizziana dimostrerà che la forza mentale è decisiva e alla fine di uno scontro estenuante per entrambi darà al mago l’illusione di essere caduto in suo potere ricorrendo all’amletico trucco di fingersi pazzo.
Eppure Mefisto, sotto le mentite spoglie del Dottor Anatas, sa fare “dei veri miracoli”. La sua fama di eccezionale guaritore si sparge nelle contee dell’Utah meridionale da lui attraversate. L’aiutante dello sceriffo di Stoneville racconta meravigliato che, appena giunto in paese, lo straordinario dottore “ha guarito sull’istante i reumatismi del vecchio Boldy”. E quando riapparirà in una storia successiva, assumendo la nuova identità del Dottor Fiesmot, stupirà anche gli abitanti di Golconda con le sue doti di indovino.
Ma che ne è stato di Carson e del figlio di Tex? Nelle ultime drammatiche vicende, ridotti ormai a docili strumenti nelle mani di Mefisto, li abbiamo visti scaricare i loro fucili sugli atterriti Navajos e in quel frangente lo stesso Tiger Jack cadde colpito dal loro tiro micidiale. “Figli miei – urlava il mago dall’alto della rupe – Sparate!”. E i due, imperturbabili, eseguivano l’ordine del loro nuovo padre-padrone. L’incantesimo del mago ha prodotto un’orribile metamorfosi e qui ritorna a farsi strada l’inquietante convinzione secondo la quale nel profondo dell’animo umano si annidano i peggiori istinti. Attraverso il controllo ipnotico, Mefisto ha la capacità di scatenare gli impulsi criminali del figlio di Tex e di Carson i quali, dimentichi perfino del proprio nome, sono ridotti a vivere una sorta di regressione infantile dove il bene e il male non sono più distinguibili. Mefisto è maestro nell’arte demoniaca di suscitare questo istinto nei suoi avversari: è la trasformazione che subisce Tex quando, alla guida dei Navajos, ordina lo sterminio degli Hualpai; è lo stesso impulso al quale suo figlio non saprà sottrarsi quando un giorno, nel pieno delle sue facoltà, ucciderà Ho-Nook, il suo amico navajo, scambiandolo per il mago. “Tu hai puntato la colt sul tuo pard – gli ricorderà Mefisto/Fiesmot nel sotterraneo del piccolo ranch – E anche se io ho turbato la tua mente e dato il mio volto al tuo servo navajo, è stata la tua mano a uccidere!”.
Anche alla fine di questa orrenda storia il giovane Kit è colui che forse rischia di pagare il prezzo più alto: a un certo punto, rendendosi conto di essere condannato a morire di sete nel deserto assieme a quello che lui chiama ancora “zio”, è preso dalla tentazione di farla finita. Ma l’istinto di sopravvivenza e una sorta di sentimento protettivo nei confronti del suo figlioccio permettono a Carson di impedire che accada l’irreparabile. Qualcosa di buono brilla ancora nelle tenebrose profondità...
(“Il ponte tragico”, n. 40)