Sei in: Home page > La leggenda > FORMICHE ROSSE

La leggenda

Mauro Scremin [23/12/2009]

FORMICHE ROSSE

La carne degli dei

I rischi vanno sempre divisi a metà. E’ la legge dell’amicizia tra Tex e Carson che il primo, quando si presenta l’occasione, tenta di violare. Il che fa andare Carson su tutte le furie: “Vergognati!! – lo rimprovera – Hai cercato di farmi allontanare per poter restare indietro a far da retroguardia!”. Un comportamento simile non è leale. E non è la prima volta. Era già accaduto in precedenza quando si erano trovati alle prese con i Figli della Notte. Inseguiti dagli Yaquis nel deserto messicano, avevano dato il via a una sorta di staffetta in modo tale che almeno uno dei due potesse mettersi in salvo. Ma in quel frangente Tex decise di sacrificarsi attirando i nemici su di sé violando in tal modo gli accordi presi con l’amico. Sull’eroismo di Tex non si discute. Ma nei confronti del suo vecchio pard ha forse qualcosa da farsi perdonare? Gli rimorde forse la coscienza il ricordo di quell’episodio (“Alba di sangue”) in cui lasciò il povero Carson da solo ad affrontare cinque pericolosi avversari senza muovere un dito? Comunque, al di là dei presunti sensi di colpa, tra i due c’è una fiducia cieca e il “vecchio fossile”, malgrado la sua permalosità, sa che il suo amico darebbe la vita per lui, che si tratti di affrontare i Comanches di Tonito o gli Yaquis dei Figli della Notte. Tuttavia non sopporta che Tex si assuma dei rischi al posto suo. Nel prosieguo della storia, quando vedrà il suo amico cadere nella trance indotta dai funghi, perderà la calma sfogando la sua angoscia su El Morisco: “Se gli succede qualcosa – esclama minaccioso –, ve ne farò pentire amaramente!”. Del resto l’idea di assaggiare i funghi sacri aveva mandato Carson in agitazione e il suo pard preferisce evitargli un’esperienza dai contorni imprevedibili e inquietanti. Quindi per Tex la decisione è inevitabile: farà lui stesso l’esperimento.
Dopo tutto come non dargli ragione? L’esperienza è sconvolgente, per lunghi minuti nella mente rapita del ranger si alternano immagini familiari ed enigmatiche: il deserto, piramidi a perdita d’occhio, totem indiani, sfolgoranti globi luminosi, un tempio azteco dal quale prorompe una colonna di luce (reminiscenza della precedente avventura con i Figli della Notte?), un cielo nero nel quale prende forma il volto di Mefisto, il suo mortale avversario. Ma ciò che lascia maggiormente perplesso il lettore è la visione dei centauri che scagliano dardi infuocati contro un mostruoso drago. Alla fine El Morisco spiega che l’immagine di Mefisto era una specie di premonizione dal momento che i funghi hanno il potere di conferire una “mistica onniveggenza” a chi se ne ciba; invece le altre visioni salivano dal subconscio, da quel substrato nel quale si celano le pulsioni più nascoste. Il Grande Spirito parla attraverso il simbolo. La stupefacente visione dei centauri giustizieri all’assalto del dragone forse ha svelato qualcosa che riguarda da vicino il nostro eroe...
Non è una novità. Già in passato, nelle vesti di Aquila della Notte, il ranger aveva appreso l’esistenza di particolari sostanze vegetali dai potenti effetti allucinogeni, sostanze assunte dagli stregoni come veicolo di conoscenza e strumento di potere (“Le terre dell’abisso”). Ma in questa storia, uscita nella serie a strisce nel 1965, per la prima volta viene documentato l’uso del peyote e dei funghi allucinogeni che gli Aztechi erano soliti assumere nel corso di sacri rituali collettivi (testimoniati tra l’altro dai cronachisti spagnoli del Cinquecento come i frati Bernardino de Sahagun e Diego Duran). Ancora una volta Gian Luigi Bonelli è in anticipo sui tempi. I libri di Castaneda verranno pubblicati a partire dal 1968 e, in Italia, “A scuola dallo stregone” uscirà solo nel 1970. E non è escluso che la sua lettura abbia piuttosto ispirato la più tarda avventura del nostro con il Diablero (gennaio 1972).
E proprio mentre Tex, sotto lo sguardo esterrefatto del suo amico, si trova alle prese col Grande Spirito, a miglia di distanza nella Sierra de Hueso la bella Esmeralda sta officiando uno straordinario rito durante il quale distribuisce ai convenuti gli stessi funghi sacri in una sorta di eucaristia pagana. Adorna di una lunga veste cerimoniale, sul capo una corona piumata che le scende lungo la schiena, la sacerdotessa-sciamana pronuncia versi dal fascino misterioso: “Donna-Stella, Donna-Nube, Donna-Rugiada del Mattino…”. Regale e ieratica come la Yogar di un lontano passato (“Uno contro venti”), dall’esotica conturbante bellezza esaltata più che mai dal disegno di Letteri, Esmeralda incarna la tragedia di un popolo. Esmeralda, divina e inaccessibile, che nuota con gli alligatori… Esmeralda, fragile e disperata, che muore tra le braccia di Tex...

("Deserto bianco" e "Il tesoro del tempio", nn. 76-77)