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La leggenda

Mauro Scremin [21/02/2010]

BILL MOHICAN, IL RAPITORE DI FANCIULLE

Storia di un vagheggino

Le avventure del nostro eroe sono spesso affollate di mostri, personaggi che sotto una patina di apparente normalità e rispettabilità nascondono una naturale inclinazione alla malvagità e al crimine. A volte sono uomini di legge, come il giudice Bess, talmente feroci e privi di sentimenti che sono disposti a sacrificare perfino i familiari sull’altare della cupidigia (“L’eroe del Messico”); a volte sono poveri disgraziati, come Juan Barrera, vittime della loro stessa follia distruttrice (“La voce misteriosa”); a volte sono esseri strani e primitivi, come Raimundo El Loco, che conducono un’esistenza ferina e che di umano conservano solo le sembianze (“Doppio gioco”). Bill Mohican appartiene a quest’ultima schiera. La sua vicenda è narrata in una trentina di strisce, una storia brevissima, di quelle che oggi vengono definite dei “riempitivi” (per riempire che cosa poi?), ma che in realtà è un condensato di indescrivibile ferocia e disumanità.
Nella spaventosa figura di Bill Mohican sembra infatti di riconoscere l’orco delle favole, il mostro di cui sono popolati gli incubi infantili, l’uomo nero spauracchio dei bambini. Le fanciulle indifese che si aggirano da sole tra le pendici dei monti Esqueio sono le vittime preferite delle sue “galanterie”.
E come in una tremenda fiaba, il rifugio del mostro è una capanna situata tra montagne impervie e desolate, sorvegliata da una vecchia megera che con poche stentate parole racconta a Tex l’orribile e straziante fine dell’ultima vittima di Bill: quella povera e coraggiosa Florecita che, senza mai versare una lacrima, venne violentata e seviziata e alla fine preferì darsi la morte al cospetto del suo aguzzino piuttosto che vivere nella vergogna.
Tex, il vagheggino, colui che è galante con tutte le donne, questa volta è arrivato troppo tardi. Il dramma ormai si è consumato. E come non bastasse, la vecchia confessa al nostro eroe di non sapere neppure dove sia stato sepolto il corpo della sventurata: Bill l’ha fatto sparire e in un modo che al lettore viene lasciato solamente immaginare... Di lei rimane solamente quel rosario al quale probabilmente si è aggrappata negli ultimi istanti...
E il racconto della squaw è talmente sconvolgente che Tex senza accorgersene abbassa la guardia e finisce nelle grinfie delle belve che, ridottolo all’impotenza, si apprestano a farne orrendo trastullo. “Morte rapida niente divertire – pregusta sadica la squaw –. Io conoscere mucchio trucchi per divertire senza uccidere colpo solo”.
Ma ben presto la situazione precipita e nelle brevi e concitate fasi finali si assiste a una lotta senza esclusione di colpi: nella colluttazione con il ranger, che tenta di liberarsi, la vecchia riceve una violentissima pedata in pieno volto e l’autore si compiace nel descrivere la squaw che cade a terra stordita "col sangue che le cola dalla bocca sdentata".
E alla fine anche il lettore, come Bill Mohican, si trova sull’orlo dell’abisso...

("La mano rossa", n. 1)