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La leggenda

Mauro Scremin [08/07/2012]

IL CACCIATORE DI TAGLIE

La sublime arte della contraddizione

Nel rendersi conto che non può più farcela Gemmy lascia andare il suo cavallo e si prepara a vendere cara la pelle. “Porta la mia zampa di coniglio ai Conner! – dice alla bestia – Dove sto per andare io gli amuleti non servono!”. Gemmy, il servo negro, rimane fedele ai suoi padroni fino all’estremo sacrificio. Quei padroni che avevano sofferto l’inferno “per la bandiera del sud” e che al ritorno dalla guerra hanno ritrovato le proprie famiglie ridotte in rovina.
Gli antischiavisti hanno certamente vinto, eppure qui i servi si schierano a difesa dei loro padroni, che siano allevatori come Tom Conner o mercanti come Fred Moab, e interi villaggi dell’Utah (sceriffi compresi) si prendono a cuore la sorte del giovane Billy Conner, rapinatore per giusta causa, sulla cui testa pende una taglia da 25000 dollari. E Tex, anche se ha partecipato alla Guerra di Secessione combattendo dalla parte dell’Unione, non è da meno: fare di tutto per strappare Billy Conner dalle grinfie di Garner è per lui la cosa più naturale del mondo. E con la madre del ragazzo si prende addirittura il solenne impegno di salvarlo dalla forca, di perdonarlo, di lasciarlo andare in cambio della restituzione del maltolto. Alla resa dei conti il giovanotto non si prenderà che un bonario rimprovero dal nostro ranger: “C’è una povera donna che vorrebbe finalmente vivere in pace e senza più il terrore di venire a sapere che suo figlio è finito impiccato”, e malgrado tutti i guai combinati “è soltanto per mantenere una promessa – conclude Tex – che ora, invece di portarti dal più vicino sceriffo, io e il mio pard siamo disposti a scordare di averti incontrato”. E con questo la faccenda può considerarsi chiusa.
Fin qui niente di strano. Tex si comporta da par suo e tutto procede a meraviglia… Senonché è proprio con il “Cacciatore di taglie” che vengono inaspettatamente riannodati i fili di quella sorta di “continuity” della saga che erano stati spezzati con la pubblicazione dell’avventura intitolata “Tra due bandiere”. Senza dubbio ambientata negli anni immediatamente successivi alla fine delle ostilità, data la giovane età dei protagonisti, la vicenda dei Conner è nei fatti in stridente contraddizione con quanto ci viene narrato nell’albo n. 113. E al giovane lettore che nel 1970 leggeva “Tra due bandiere” non poteva non saltare subito all’occhio che c’era francamente qualcosa che non quadrava. E poi… com’è possibile che Kit Willer non fosse ancora nato ai tempi della guerra civile quando tutti l’abbiamo visto nel n. 17 pronunciare il solenne giuramento di fedeltà al corpo dei Rangers al cospetto del nuovo Capo del Servizio James Hovendall?
E come non bastasse, la contraddizione di cui si tratta non è solamente cronologica ma investe anche l’impostazione “ideologica” del personaggio. Come non riconoscerlo? Il Tex di “Tra due bandiere” non sembra più il ranger che, al figlio che gli chiedeva se avrebbero combattuto per il Nord o per il Sud, rispondeva deciso: “Per i deboli e gli oppressi, figlio mio! Non certo per un branco di sporchi e ignobili politicanti” (Gli sciacalli del Kansas). Per questo, a nostro modesto parere, risulta alquanto strano vedere il nostro eroe gettarsi in una rissa furibonda in un saloon di Abilene assieme a Damned Dick al grido di “Avanti l’Unione!” o fare l’ideologo antischiavista con il povero Rod Vergil (n. 113). Eppure bastano pochi albi e ritroveremo lo stesso Tex mostrare un ben diverso punto di vista sulla guerra quando prenderà le difese del giovane Conner figlio di quel Tom che, dopo aver combattuto per i Confederati ed essere scampato al mattatoio, diventerà rapinatore per sfuggire alla fame e alla miseria. “Un buon uomo come tanti altri – dirà di lui Tex – che le conseguenze di una brutta guerra hanno poi spinto sulla strada sbagliata”. Una guerra che ha suscitato profonda amarezza e odio nel cuore degli sconfitti: “Odio contro i vincitori: odio contro i profittatori della guerra e soprattutto odio contro i banchieri”.
Certo, parole più eloquenti il vecchio Bonelli non poteva scrivere. Sono le parole degli sconfitti, di coloro che per questo hanno pagato il prezzo più alto e che proprio per questo meritano rispetto. E poi non possiamo negarlo: contraddizioni o no, a questo Tex siamo affezionati, per questo Tex facciamo il tifo, per il Tex che comprende le ragioni dei vinti, per l’eroe che non esita, costi quello che costi, a schierarsi dalla parte di chi perde.

(“Il cacciatore di taglie” e “Wanted”, nn. 130-131)