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Mauro Scremin [08/08/2014]
Come nel fumetto, anche nella musica esistono trasparenti quanto concrete barriere di cultura modernista (o pseudo-modernista) che stanno distruggendo i significati della tradizione melodica italiana ormai da troppo tempo. Così, oggi, se ti presenti in uno studio di produzione con un brano di “scuola classica”, vieni coperto di complimenti per poi essere inevitabilmente accompagnato alla porta con le solite cortesi frasi di circostanza.
Non rimane altro che rivolgerti a qualche coraggioso produttore o, al limite, auto-produrti… oppure metterti a sfornare jingles fino a che non te ne entri uno che duri mezza stagione. Oggi la musica è questo.
Succede però ad un certo punto che la gente si stanchi di ascoltare il solito pezzo “usa e getta” proposto a rotazione continua e voglia gustarsi della buona musica… come un buon film o come un buon libro. Succede! Niente effetti spettacolari, niente personaggi eccentrici e niente super tecnologia al servizio delle idee. Solo una buona penna che sappia scrivere e la semplicità di una storia da raccontare.
In fondo anche il lettore di Tex cosa vuole oggi dalla pubblicazione? Nient’altro che un’ora di relax, gustandosi l’eroe nel ruolo di eterno rompiscatole, sardonico provocatore ma anche letale come un serpente a sonagli con bianchi neri e gialli, in mezzo ad alieni e dinosauri… ah, possibilmente in bianco e nero.
Una nota è una nota, non ha bisogno di effetti speciali o di essere suonata da qualcuno vestito a festa. Una nota va suonata per quello che deve raccontare: è come una parola, può essere dolce ma anche dura, può essere suadente ma anche perentoria.
La musica della band “Stereo8” non vuole insegnare niente a nessuno ma solo raccontare con leggerezza piccole storie, qualche volta autobiografiche, tentando di riaprire un po’ quel vecchio sipario impolverato davanti al quale non pochi oggi sederebbero incuriositi.
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Nota per i curiosi: nella foto c’è anche il nostro grande capo Francesco. Essendo il più texiano, è facilmente riconoscibile!