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Francesco Bosco [22/10/2020]
È il 1948 quando Aurelio Galleppini interrompe il suo rapporto di collaborazione con gli editori Nerbini e Del Duca, per passare all’Audace. I motivi? Beh, ascrivibili principalmente al diverso trattamento economico che Tea Bonelli gli riserva: “... da quel lato lì devo dire che Sergio Bonelli mi ha rivalutato dal lato finanziario” (Galleppini). In realtà, nel 1948 Sergio aveva appena 16 anni, e dunque è Tea a trattare il rapporto finanziario tra Galep e l’Audace, ed è sempre la signora Bonelli che ha il merito di credere in un artista che fino a quel momento si è occupato prevalentemente di animazione, illustrazione, cartellonistica e pittura, assegnandogli ruoli solitamente appartenenti ad un navigato fumettista del seriale popolare. Non che Galep non lo fosse, ma le sue precedenti prestazioni erano più opere a se stanti illustrate in modo certosino (vedi “Le perle del Mar d’Oman” o “Pino il mozzo”, realizzate su soggetto di Pedrocchi) che fumetti seriali con l’obbligo della scadenza settimanale. Altre, come il Mandrake apocrifo per Nerbini, non è che fossero banchi di prova gratificanti per Galleppini - Ho capito che lì, quando mi ha ridotto a copiare Mandrake, avevo finito - dichiarò. Così, dopo un paio di racconti liberi per l’Audace, che disegnò nel suo periodo di permanenza in Sardegna, Galep fece la scelta: trasferirsi a Milano. Alloggiò inizialmente presso l’abitazione della signora Tea e del figliolo. Milano era il luogo giusto, la città dove avrebbe avuto un contatto diretto con il nascente mondo dei fumetti. In effetti, nel periodo in cui stette in Sardegna, Galep è come isolato dal punto di vista professionale. Nell’isola era riuscito a stento ad accedere alla lettura del Gordon di Raymond. Eppure, sarà proprio Raymond a influenzare maggiormente il suo stile, quando nell’estate del 1948 comincia a disegnare “Occhio Cupo”, un cappa e spada marinaresco, e “Tex Willer”, un fuorilegge inserito in un western un po’ sui generis, ricco di avventure con riferimenti esotici e dove pullulano pin-up in un mix tra vamp e ingenue donzelle, un personaggio, si dice, che fa da ruota di scorta al pirata “Occhio Cupo” ma che nell’essenza del racconto sembra non esserlo affatto. Scioccchezze, infatti G. L. Bonelli imprime subito forza al suo Tex, altro che ruota di scorta.
Il fatto che il settimanale Tex vedesse riposte le abituali speranze all’Audace, è storicamente noto. Fino a che punto, però, non è dato sapersi: una casa editrice non mette a punto una pubblicazione senza avere velleità di successo. Di sicuro c’è che la striscia di Tex fu proposta probabilmente con gli stessi intenti delle serie auto-conclusive di quel periodo (vedi La pattuglia dei senza paura, Ipnos, Furio mascherato, ecc...), ma questa guadagnò il consenso del pubblico a tal punto che venne riprogrammata più volte in corso d’opera. Non è escluso che all’Audace si fossero prefissati di circoscrivere le avventure del personaggio alle sole due prime serie e che, visto che le vendite erano in progressivo aumento, ne decidessero la continuazione.