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Francesco Bosco [31/01/2024]
Per far capire quanto sia difficile nel fumetto ripristinare l’autenticità di una informazione, rispetto alla relativa sciocchezza messa improvvidamente in circolazione e fissatasi nella memoria dei lettori e della storia, oggi vi parlo di Pasqualino, uno che di fumetto ne ha macinato veramente tanto e di cui si è sempre scritto poco.
Pasqualino non era un asso, né un Molino né un Albertarelli per intenderci, ma un ottimo e prolificissimo disegnatore popolare, che fece le sue fortune alla Editrice Universo. Pasqualino lavorò per anche per Audace, Astorina, Cenisio, Mondadori e per i francesi di Lug. Mica male, no? Se poi pensiamo che per le suddette editrici disegnò Tex, Diabolik, Tarzan, Nembo Kid e creò personaggi come Ghibli, Jimmy Jet, Forza John e numerosissimi altri, allora evviva Pasqualino. Insomma, oggi possiamo dire che Pasqualino merita senz’altro un posto di rilievo in una ipotetica cartografia a fumetti. E come lui, tanti altri artisti che hanno “scolpito” il mondo delle nuvole parlanti, producendo centinaia e centinaia di storie senza troppi narcisismi. Penso a gente come Stelio Fenzo e Birago Balzano, ad esempio.
Beh, io credo che ormai abbiate capito di chi sto parlando, no? Ma si, proprio di lui, di Pasquale Ieva, detto Pasqualino o Lino Jeva, che io ho personalmente conosciuto a Milano nel 1993, essendomi recato a casa sua per un’intervista. Quel giorno una delle prime cose che, appena varcata la soglia di casa, mi chiese fu di annotare “Ieva” e non “Jeva” e, detto questo, mi porse il suo biglietto da visita, dove effettivamente c’era scritto Ieva, Lino Ieva. Jeva era invece la sua firma d’artista.
Dicevamo che Lino Ieva ha disegnato Tex, anche se si trattò semplicemente di una collaborazione al fianco di Galleppini durata peraltro pochissimo. Ecco, quando dicevo che sradicare le fonti improvvidamente messe in circolo da chi non ha occhio nemmeno per distinguere tra ippopotamo e una farfalla, alludevo proprio a questo e alla poi disperata impresa di ristabilire la verità sugli accadimenti. Così, oggi ci tocca leggere che la partecipazione di Lino Jeva a Tex iniziò dall’episodio “Gli sciacalli del Kansas”, del 31/08/1953. Falso, il suddetto episodio è di Galleppini, oltretutto appartenente al periodo in cui il Maestro si aiutava con le fonti. Ora, non vorrete mica dirmi che da “Gli sciacalli del Kansas” fino a “Tex tende una trappola”, del 2/11/1953, il pugno di episodi accreditati alla matita di Ieva da parte di Wikipedia e comari varie, le vignette arrivano, guarda caso, dalle stesse fonti di Galleppini? In quei 10 episodi, se è vero che le matite furono realizzate da Ieva, significa che gli inchiostri sono di Galleppini, ma gli inchiostri, anche bruttini e tirati via, non appartengono a Galep. E dunque? Dunque, iniziate a dimostrare che lo siano, anche se non avrete mai argomenti per sostenerlo.
Quando si parla di collaborazione si deve entrare nell’ottica che non c’è uno schema fisso, una divisione netta dei ruoli, Ieva era uno di passaggio, uno che ebbe ad incrociare matite e chine alla bell’e meglio con Galep, oltretutto sulle tavole di un personaggio che non concedeva certe comodità grafiche. Punto. È come quando si affronta un lavoro subordinato e non in autonomia: se entri da ingegnere alla Ferrari, come autonomo, senza vincolo di subordinazione, significa che sei un fuoriclasse, se entri invece come subordinato sarai necessariamente affiancato e disciplinato. Dunque, Ieva fu chiamato in via del tutto subordinata da Galleppini in persona e iniziò a intrecciare matite e pennelli con il Maestro, come nel primo episodio, “Il rinnegato”, che vede i due “confondersi” tra una striscia e l’altra (sono evidentemente le strisce di “prova” di cui parla lo stesso Ieva nella mia intervista). Qui mi ritorna in mente il metodo di lavoro di Ticci per il texone “Il pueblo nascosto” che vidi sul banco inclinato del suo studio trenta anni fa: matite chinate a macchia di leopardo, non in maniera sequenziale. Come dire: “Caro Lino, inizia a finire queste, poi vediamo le altre”. Infatti, prendendo per comodità il gigante “Dodge City”, nella loro collaborazione emerge proprio questo, per cui noteremo che da pagina 3 a pagina 13 vi è un “lavoro base” di Galep sul quale interviene Ieva, poi, progressivamente la presenza di Galep si dirada in favore di quella di Ieva. Quando dura? Sembrerebbe fino a poche strisce, sparse qua e là, dell’episodio “Missione disperata”, con lunghi passaggi dove Ieva è del tutto assente, dopo di che si può constatare, ma non certo per coloro che hanno negli occhi gli ippopotami, la presenza dei cugini Gamba, come nelle pagina 62 e 63, dove addirittura le scene vengono impostate da Francesco nei suoi primi interventi occulti. Ieva si accreditò solo tre episodi completi di matite e chine, è quindi probabile che venga confuso con i Gamba.
Infine chiedo ai sapienti di disegno texiano: e perché mai si dichiara chiusa la collaborazione di Ieva a Tex con “Tex tende una trappola” se l’episodio che segue è stilisticamente identico? È la stessa prodezza messa in giro anni fa da parte di qualche buontempone che attribuiva a Angelo Corrias 30 pagine di Piutes, e non la 31, la 32, la 33, la 40, la 50, eccetera, che appartenevano sempre della stessa mano (non certo a quella di Corrias). Ecco, siamo a quei livelli. Approssimazione allo stato puro, con la quale stiamo facendo danni seri al fumetto. E qui, se non ricominciamo a studiare come si dovrebbe, invece di fare i copia incolla, avremo palate sempre più cariche di fake.
Della serie la storia la scrivono sempre i vincitori. Ma i vincitori spesso sono dei coglioni.