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francesco bosco [06/02/2025]
Chi avrebbe mai detto che le mostre di fumetto, un tempo veri templi dedicati al collezionismo e alla celebrazione dell’albo d’antiquariato, si sarebbero trasformate in una sorta di carnevale permanente, dove orde di giovanissimi sfilano vestiti da personaggi di manga e anime? Eppure, questo è il segno di un ricambio generazionale che ha travolto il panorama culturale e le sue abitudini e che da vecchia mummia vivo oramai da decenni.
Un tempo, chi frequentava queste fiere cercava tesori: albi rari, prime edizioni, fumetti ingialliti dal tempo che raccontavano storie di un’altra epoca. C’era un’atmosfera quasi sacrale: banchi di ogni tipo, appassionati che sfogliavano con cautela pagine preziose, venditori esperti pronti a raccontarti ogni dettaglio dell’albo che avevi in mano. Le mostre erano una celebrazione dell’arte e della storia del fumetto. Oggi la scena è cambiata. Entrando in una fiera di fumetti, si viene accolti da un mare di colori: costumi elaborati, parrucche sgargianti, pose studiate per imitare i propri personaggi preferiti. Le star dell’evento non sono più gli albi rari, ma i cosplayer, i creator su TikTok e le serie del momento. Alcuni nostalgici storcono il naso di fronte a questo cambiamento, vedendolo come una perdita di valore culturale. “Dove sono finiti i veri appassionati?” si chiedono. La realtà è che il fumetto è vivo, e questa trasformazione lo dimostra. È semplicemente cambiato il modo in cui viene celebrato, ci piaccia o meno (a me fa schifo).
I giovani non guardano più al fumetto come un oggetto da collezione, ma come un mondo da vivere e reinterpretare. Il cosplay, ad esempio, è una forma di amore per il fumetto che si esprime attraverso il corpo e la creatività. Le fiere si sono evolute in spazi di inclusione, dove ogni forma di espressione nerd trova il suo posto: in sostanza questi rompono le palle tanto quanto la musica trap, che più che un sottogenere è una roba da sottosviluppati.
Si dice che forse il segreto sia di non vedere queste due epoche come opposte, ma come parti di una stessa storia; sarà ma io non ce la faccio lo stesso. E si dice che le fiere moderne non hanno dimenticato le radici: i banchi degli albi d’antiquariato ci sono ancora, magari più nascosti, ma comunque lì. Se è per questo, e se si osserva bene, ci sono anche giovani curiosi che si fermano a sfogliare quei vecchi fumetti, a cercare di capire cosa ci sia di speciale in quelle pagine, ma mi sembra di constatare che il ricambio generazionale inteso come una non perdita, ma come un’opportunità, sia, per dirla alla romanesca, darsi una calla.