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Documentazione

Francesco Bosco [11/02/2025]

Edicola dopoguerra

Quando mi sono imbattuto in questa foto, m’è venuto a mente l’edicolante del mio paese e la sua gavetta del pranzo. Lui non era  un granché simpatico, ma la scena in cui affondava la forchetta nei rigatoni al sugo era spassosa. Era la seconda metà degli anni ’60, ma presumo che già negli anni ’40, le edicole non erano solo punti di vendita di giornali e riviste, ma anche luoghi di incontro e di vita quotidiana. Spesso, il titolare dell’edicola trascorreva gran parte della giornata nel chiosco, gestendo il commercio e interagendo con i clienti. Probabilmente non doveva essere raro vederlo consumare i pasti direttamente in edicola, magari su un piccolo tavolo improvvisato, tra una consegna di giornali e una chiacchierata con i passanti. Questa pratica rifletteva uno stile di vita semplice e comunitario, dove il lavoro e la vita privata si intrecciavano naturalmente.

Le edicole di quegli anni erano spesso situate in punti strategici delle città, come piazze o angoli trafficati, diventando punti di riferimento per la comunità. Oltre ai giornali, vendevano anche altri prodotti come riviste, figurine e giocattoli, contribuendo a creare un’atmosfera vivace e familiare. Il titolare, con la sua presenza costante, diventava una figura familiare, quasi un custode della memoria e delle tradizioni locali.

Questo legame tra il titolare e il suo spazio di lavoro è un ricordo che oggi, con l’avvento del digitale e la scomparsa di molte edicole storiche, assume un valore nostalgico, ricordandoci un’epoca in cui il commercio era anche relazione e condivisione.

Per la cronaca ci troveremmo a dicembre 1948, a giudicare da Colpo di Fulmine, edito da Corrado Tedeschi, il problema è che il Tony Boy della Ponzoni data pressapoco settembre-ottobre 1950, in linea anche con l’abbigliamento leggero del nostro edicolante. Nulla di più facile che Colpo di Fulimine sia una rimanenza o una riedizione. 

Buon rigatone a tutti